Registrazione al Tribunale di Milano n. 324 del 10 ottobre 2014
Probiotici, alimenti funzionali, nutraceutici: ecco la rivista dedicata all'integrazione nutrizionale per una vita più sana
I probiotici non sono tutti uguali: le diverse formulazioni in commercio, però, devono rispondere a precisi requisiti per essere davvero efficaci.
Perché un probiotico possa davvero essere definito tale e possa vantare una certa efficacia clinica deve rispondere a dei requisiti ben precisi:
Il numero di cellule vive nel probiotico come prodotto finale tende a diminuire nel tempo, per questo motivo il numero di un miliardo di cellule vive per ceppo deve essere presente fino alla data di scadenza indicata sul prodotto. Molti dei prodotti in commercio, purtroppo, non indicano il numero di cellule vive (o unità formanti colonie u.f.c.) presenti fino alla data di scadenza del prodotto. Dosi giornaliere diverse da quella fin qui indicate sono possibili, ma solo se documentate da studi scientifici appositamente svolti.
Tenendo conto di queste informazioni è possibile affermare che una formulazione di probiotici che contiene meno di un miliardo di cellule vive è scarso in quantità, mentre un prodotto che ne contiene da 1 a 3 miliardi è un prodotto che ne contiene in buona quantità; quelli che ne contengono più di 3 miliardi rispettano il criterio di ottima quantità.
Le formulazioni disponibili in commercio di solito contengono diversi ceppi batterici; ogni specie può vantare una particolare attività, per questo la presenza in unico preparato di diversi ceppi può essere positiva sempre che il numero di unità formanti colonie (u.f.c.) sia superiore al miliardo.
Un buon prodotto a base di probiotici, inoltre deve essere in grado, in sede d’azione, di produrre batteriocine ad azione antimicrobica che possano contrastare l’esistenza dei patogeni, deve migliorare e stabilizzare la funzione di barriera intestinale e stimolare la risposta del GALT (Gut Associated Lymphoid Tissue ovvero tessuto linfatico associato alle mucose nell’intestino); questo tessuto ha la responsabilità di riconoscere le sostanze potenzialmente nocive e non farle introdurre nell’intestino.